Tomb Raider e la realtà – Tomb Raider III

La saga di Tomb Raider ha fatto conoscere alle nuove generazioni città perdute, civiltà scomparse e misteri: ma qual è la realtà che si cela dietro la serie? L’obiettivo di questa sezione è proprio quello di esplorare le realtà storiche, culturali ed artistiche che si nascondono dietro le ambientazioni e gli scenari che ci vengono proposti nel corso delle diverse avventure dell’amata Lara Croft. In questa pagina sono analizzate le corrispondenze di Tomb Raider 3 nella realtà.

Le Rovine del Tempio (Mandir)

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 Nell’induismo il tempio, o Mandir (sanscrito “casa”) è un luogo d’incontro tra il fedele e il Dio cui esso è dedicato, il luogo in cui sperimentare una visione (Darshan) che è epifania, manifestazione e esperienza diretta del divino. Caratteristico di un tempio è la presenza di una murti (immagine) del deva (dio) cui l’edificio è consacrato. Il tempio può essere dedicato a un unico deva, o a più dei tra loro collegati. 

I primi esempi significativi si hanno nel sud India tra il VII e il IX secolo, all’epoca della dinastia Pallava con i templi rupestri sotto Mahendravarman e di Marasimhavarman. La struttura di un tempio riproduce il macrocosmo, visto come corpo di Dio, in correlazione con il microcosmo, il corpo del fedele. Il fedele prega nel punto del tempio che rappresenta il cuore, mentre la murti principale è collocata in corrispondenza della testa, ed è là che il pujari, il responsabile dell’adorazione della divinià, celebra la puja, offrendo incenso, fuoco, fiori, cibo. 

La progettazione, l’edificazione di un tempio e la sua consacrazione sono affidati a sacerdoti con competenze specifiche, e rispetta i principi del vastu. La torre costituisce un elemento essenziale, in quanto simboleggia il monte Meru. 

Per gli induisti non vi è obbligo di recarsi al tempio, ma è consuetudine farlo per le feste principali. 

Fonte: Rosso Pompeiano forum

Città di Tinnos

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 La città perduta di Tinnos è uno dei livelli finali, il luogo dove cadde il meteorite. 

Questo rimanda ad una lunga tradizione di letteratura fantastica sull’Artide e sull’Antartide. Quando l’uomo ha smesso di immaginare il fantastico nei 5 continenti, perché erano quasi del tutto esplorati, ha incominciato a trasferire il suo orizzonte immaginario nelle immense placche ghiacciate ai poli. Tutta una folla di sciapodi, blemmi e sirene che affollavano i bestiari medievali è improvvisamente scomparsa per fare posto ad una nuova immaginazione che aveva per protagonisti esploratori di terre ghiacciate abitate da sinistre e oscure presenze che rimandavano ad una remota giovinezza del pianeta. Forse il primo è stato Edgar Allan Poe con “Le avventure di Gordon Pym”. Segue l’inquietante “La nube purpurea” di Edward Shiel. Ma il più complesso racconto sui misteri dell’Antartide è quello contenuto ne “Le montagne della follia” di P. H. Lovecraft, che immagina appunto una razza mostruosa preumana che avrebbe costruito ciclopiche città in tempi remotissimi.
I progettisti di Tomb Raider evidentemente non si sono sottratti al fascino di un tormentone antico (il racconto di Lovecraft è uscito una settantina di anni fa su Astounding Stories). 

Ci sono dei riferimenti a vari film o opere famose, ma in particolare a nulla si Storico. Bisogna fare una precisazione: sono state trovate alcune mappe, che rappresentano l’Antartide verde, mappe copiate da altre mappe più antiche, e la cosa è molto curiosa. Inoltre poco tempo fa è stata trovata una Catena Montuosa, simile a quella Alpina. Il problema sta nel fatto che se fossero Montagne coperte da tanto tempo dai ghiacciai dovrebbero risultare più erose e invece somigliano molto alle Alpi, e qualcosa che non va c’è anche perché l’Antartide fa Zolla Tettonica a se, e non ci dovrebbero essere montagne così alte. 

Sta di fatto che per ora resta un grande mistero: di sicuro potrà dirci molto altro l’Antartide, qualcosa di molto interessante. 

Fonte: Rosso Pompeiano forum

Caverne di Kaliya

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 Kaliya, nella mitologia hindù è il nome di un particolare Naga che vive nella Yamuna River, nel Vrindavan 

In antico indiano, “serpente” 

Nella fede indiana i Naga sono esseri demoniaci, alcuni dei quali raggiunsero però l’immortalità. Hanno forma di serpenti, di solito con cinque o sette teste; nell’arte sono spesso raffigurati come uomini con corpo di serpente dall’ombelico in giù. Il serpente Ananta è il simbolo dell’infinito; con il nome Shesha regge la terra. Un altro Nàga, Vìsuki, servì da corda nel frullamento dell’oceano di latte, ed è usato da Shiva come cintura per respingere i demoni. 

Nella credenza popolare indiana i Nàgas sono adorati come portatori di fertilità (zoccoli di pietra con figure di serpenti), nel buddhismo hanno un ruolo nella vita di 5 Gautama. In Tibet sono divinità acquatiche che sorvegliano le scritture buddhiste. A Ceylon si rappresenta spesso, con danze in maschera, la mitica battaglia del divino uccello Garuda contro i Nagas. 

Fonte: Rosso Pompeiano forum

Cancello di Lud – British Museum

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 Il British Museum è uno dei più grandi ed importanti musei di storia del mondo. E’ stato fondato nel 1753 da sir Hans Sloane, un medico e scienziato che ha collezionato un patrimonio letterario ed artistico nel suo nucleo originario: la biblioteca di Montague House a Londra. Questa è stata acquistata dal governo britannico per ventimila sterline ed aperta al pubblico il 15 gennaio 1759. L’attuale presidente è sir John Boyd. 

Il museo ospita sei milioni di oggetti che testimoniano la storia e la cultura materiale dell’umanità dalle origini ad oggi, ma molti di questi sono ammassati negli scantinati per mancanza di spazio. Si trova in Great Russell Street, a Londra. 

Anche se oggi il museo è principalmente incentrato sull’antichità e la storia delle culture, alla nascita il British Museum venne pensato come “museo universale”. La sua nascita è dovuta al volere del medico e naturalista Sir Hans Sloane (1660-1753). Durante la sua vita Sloane riunì una invidiabile collezione di curiosità ed oggetti e, non volendo che venisse smembrata alla sua morte, ne fece dono a Re Giorgio II per la cifra di 20.000 sterline. 

La collezione di Sloane consisteva a quel tempo di circa 71.000 oggetti di ogni tipo, inclusi circa 40.000 libri stampati, 7.000 manoscritti, un’ampia collezione di esempi di storia naturale inclusi 337 volumi di piante essiccate, stampe e disegni e antichità dall’Egitto, Grecia, Roma, dal Vicino Oriente antico, dall’estremo oriente e dalle Americhe. 

Il 7 giugno 1753 Giorgio II diede il suo assenso formale alla legge che creava il British Museum. L’atto di fondazione univa due biblioteche alla iniziale collezione di Sloane: la Cottonian Library, riunita da Sir Robert Bruce Cotton e risalente all’età elisabettiana, e la biblioteca di Harleiana, riunita dai conti di Oxford. A queste venne aggiunta nel 1757 la Royal Library, composta dai libri acquisiti da diversi monarchi britannici. Queste quattro “collezioni fondative” includevano molti dei prezisi libri ora trasferiti presso la British Library, incluso l’evangeliario di Lindisfarne e l’unica copia sopravvissuta di Beowulf. 

Il British Museum fu il primo museo di nuovo tipo; nazionale, non di proprietà ecclesiastica o del Re, aperto al pubblico gratuitamente e teso a conservare tutte le produzioni umane. Le variegate collezioni riunite da Sloane, rispecchiavano i suoi peculiari interessi. L’aggiunta delle biblioteche Cottoniana e Harleiana introdussero elementi letterari e antiquari, facendo del museo anche la biblioteca della nazione. 

Venne deciso di stabilire la sede nel museo in un palazzo del XVII secolo convertito per l’uso, Montagu House, che venne comprato dalla omonima famiglia per 20.000 sterline. Venne invece rifiutata Buckingham House, nel sito ora occupato da Buckingham Palace, a causa del costo eccessivo e della località poco conveniente. 

Con l’acquisizione di Montagu House le prime gallerie e la stanza di lettura per gli studenti vennero aperte il 15 gennaio 1759. Nel 1757 Giorgio II aveva ceduto la Old Royal Library e con essa il diritto a ricevere una copia di ogni libro pubblicato nel regno, assicurando così la crescita perpetua della biblioteca. Il predominio di oggetti correlati alla storia naturale, libri e manoscritti iniziò a diminuire quando nel 1772 il museo acquisì i primi pezzi antichi degni di nota, ovvero la collezione di ceramica greca di William Hamilton. Durante i primi anni di attività il museo ricevette altre donazioni, tra cui la Collezione Thomason di opuscoli risalenti alla guerra civile inglese e la biblioteca di David Garrick, formata da circa 1.000 opere teatrali a stampa, ma iniziando anche a contenere oggetti antichi tuttora visibili ai visitatori del museo. 

Dal 1778 vennero esposti una serie di oggetti provenienti dai “Mari del Sud”, portati in Inghilterra dai viaggi intorno al mondo di vari esploratori britannici tra cui James Cook. La vista di questi oggetti affascinò i visitatori mostrando le culture di terre prima sconosciute. L’acquisizione di una collezione di libri, gemme intagliate, monete, stampe e disegni da Clayton Mordaunt Cracherode aumentò ulteriormente l’importanza del museo e iniziò a rendere evidente la necessità di una sede nuova e più ampia per contenere le collezioni di recente acquisizione e il crescente numero di visitatori. 

William Hamilton, ambasciatore britannico presso il Regno di Napoli, vendette altri reperti al museo nel 1784, tra cui un colossale piede di Apollo in marmo. Era uno dei due pezzi riprodotti per Hamilton da Francesco Progenie, allievo di Pietro Fabris, che offrì anche una serie di disegni del Vesuvio inviati alla Royal Society. 

All’inizio del XIX secolo iniziò ad aumentare l’interesse per le collezioni greche, romane ed egizie, che iniziarono a dominare gli spazi espositivi. Dopo la fine della Campagna d’Egitto guidata da Napoleone e la sconfitta francese nella battaglia del Nilo del 1801 il museo iniziò ad acquisire numerosi pezzi di scultura egiziana e nel 1802 re Giorgio III presentò la stele di Rosetta, chiave per la comprensione della scrittura geroglifica. Doni e acquisti da Henry Salt, console generale in Egitto, portarono al museo opere come la statua colossale di Ramesse II, acquisita nel 1818, segnarono la nascita della collezione di scultura egiziana. Nel 1805 era stata acquisita la collezione di Charles Townley, composta prevalentemente di sculture romane. Nel 1806 Thomas Bruce, ambasciatore presso l’Impero ottomano tra il 1799 ed il 1803, rimosse le sopravvissute sculture marmoree del Partenone, sull’Acropoli di Atene, trasferendole quindi in patria. Nel 1816 questi pezzi vennero acquisiti dal British Museum in seguito ad una apposita legge ed esposti nel museo. A questi si aggiunsero i fregi del Tempio di Apollo Epicurio, parte della antica città greca di Phigalia. La raccolta di una collezione riguardante il medio oriente antico iniziò nel 1825, con l’acquisto di antichità Assire e Babilonesi dalla vedova di Claudius James Rich. 

Nel 1802 si iniziò a studiare una possibile espansione del museo, resa in seguito più urgente dalla donazione della King’s Library, la biblioteca personale del Re Giorgio III, ricca di 65.000 volumi, 19.000 Pamphlet, mappe, carte e disegni topografici. All’architetto neoclassico Robert Smirke venne richiesto un progetto per ampliare il museo nella zona ad est “… per accogliere la Royal Library e una galleria di pittura sopra di essa…”, oltre ad ulteriori disegni per l’edificio quadrangolare attualmente ancora visibile. La vecchia Montagu House venne demolita e i lavori per la King’s Library iniziarono nel 1823. L’ala est venne completata nel 1831 anche se, con la fondazione della National Gallery avvenuta nel 1824, l’idea di utilizzare un piano per esporre opere pittoriche venne abbandonata, e lo spazio utilizzato per esporre le collezioni di storia naturale. 

La zona divenne quindi un grande cantiere, dal quale emerse lentamente il grande edificio neoclassico progettato da Smirke. La King’s Library venne dislocata al piano terra dell’ala orientale dal 1827, anche se non venne aperta liberamente al pubblico fino al 1857, fatta eccezione per la Esposizione Universale del 1851, durante la quale vennero effettuate delle aperture straordinarie. Durante questo periodo, le collezioni del museo continuarono comunque a crescere. 

Nel 1840 infatti il museo partecipò per la prima volta ad una spedizione di scavi all’estero, la missione di Charles Fellows a Xanthos, in Asia minore, da dove vennero riportati in patria i resti delle tombe dei governanti dell’antica Licia, tra il Monumento delle Nereidi e la tomba di Payava. Nel 1857 Charles Thomas Newton scopr il mausoleo di Alicarnasso, una delle Sette meraviglie del mondo antico. Tra gli anni 40 e gli anni 50 del secolo il museo sovvenzionò ulteriori scavi in Assiria eseguiti da Austen Henry Layard e in antichi siti come Nimrud e Ninive. Di particolare interesse fu la scoperta della grande biblioteca di tavolette cuneiformi di Sardanapalo, che rese il museo un centro mondiale di studi sull’antica Assiria. 

Sir Thomas Grenville, membro del consiglio di amministrazione del museo dal 1830, riunì durante la sua vita una biblioteca di 20.240 volumi, che in seguito passò al museo secondo le sue volontà testamentarie. I libri, giunti nel gennaio 1847, vennero quindi disposti in un’unica stanza rimasta libera e inizialmente pensata come deposito per i manoscritti, dove sono rimasti fino alla nascita della British Library a St Pancras nel 1998. 

L’apertura dell’ingresso principale nel 1852 segnò la fine dei lavori di costruzione del nuovo edificio in base al progetto di Smirke elaborato nel 1823. Nonostante ciò furono necessari nuovi lavori per alloggiare le collezioni in costante crescita. Le Infill galleries vennero costruite per contenere le sculture assire e la sala di lettura circolare di Sydney Smirke, pensata per contenere un milione di volumi, venne aperta nel 1857. A causa della eccessiva fame di spazio delle collezioni, venne deciso di spostare i reperti di storia naturale in un nuovo edificio a South Kensington, che sarebbe poi diventato il Natural History Museum. 

Durante gli anni in cui venne costruito il nuovo edificio iniziò la carriera di Antonio Panizzi, l’italiano spesso ricordato come il “secondo fondatore” del British Museum. Sotto la sua guida, la biblioteca quintuplicò la sua grandezza, diventando un’istituzione ben organizzata e utilizzabile dagli studiosi, oltre ad essere la seconda biblioteca del mondo dopo la Bibliothèque nationale de France di Parigi. Lo spazio quadrato al centro del nuovo edificio venne ampiamente utilizzato per le collezioni, con la creazione della già citata sala di lettura circolare con la volta in ferro. 

Fino alla metà del XIX secolo le collezioni possedute rimasero relativamente circoscritte ma dal 1851, con l’ingresso al museo di Augustus Wollaston Franks come curatore, il museo iniziò per la prima volta a raccogliere reperti ed oggetti medievali britannici ed europei, ritrovamenti preistorici e antichità provenienti dall’Asia. Venne anche ampliata e diversificata la collezione etnografica. Nel frattempo continuarono le spedizioni archeologiche all’estero, in una delle quali John Turtle Wood scoprì il Tempio di Artemide ad Efeso, risalente al IV secolo e anch’esso una delle meraviglie del mondo antico. 

Le collezioni di storia naturale rimasero parte integrante del museo fino al loro trasferimento, avvenuto nel 1887, nel nuovo British Museum of Natural History, oggi il Natural History Museum. Con questa divisione ed il completamento della nuova ala affacciata su Montague Street nel 1884, lo spazio disponibile per le antichità, le collezioni etnografiche e la biblioteca si espanse. In questo periodo vennero introdotte innovazioni come l’illuminazione elettrica nella Reading Room e nelle gallerie. 

Nel 1882 il museo partecipò alla creazione dell’indipendente Egypt Exploration Fund, la prima istituzione britannica deputata allo studio dell’egittologia. Un lascito da parte di Emma Turner nel 1892 premise di finanziare una campagna di scavi a Cipro. Nel 1897 la morte del grande collezionista e curatore A.W. Franks, venne seguita dalla donazione della sua immensa collezione, comprendente 3.300 anelli, 153 boccali, 512 pezzi di porcellana, 1.500 netsuke, 850 Inro, 30.000 ex libris e oggetti vari di gioielleria, tra cui il tesoro di Oxus. 

Nel 1898 il barone Ferdinand James von Rothschild Ferdinand de Rothschild donò il contenuto della sua nuova sala da fumo di Waddesdon Manor, consistente in circa 300 objets d’art et de vertu tra cui importanti esempi di gioielleria, piatti, smalti, sculture, vetri e maioliche, nella tradizione delle antiche “stanze delle meraviglie” rinascimentali. Nel testamento, il barone fissò con molta precisione le condizioni della donazione, specificando che gli oggetti venissero posti in una stanza speciale da chiamarsi “Waddeston Bequest Room”, separata e distinta dagli altri contenuti del museo e mantenuti in questa condizione in futuro, nella stessa stanza o in un’altra in sostituzione. 

Negli ultimi anni del diciannovesimo secolo, con il continuo incremento delle collezioni, si iniziò a sentire il bisogno di una nuova espansione del museo. Nel 1895 vennero acquistate 69 case confinanti con l’intento di demolirle e di costruire nuove ali dell’edificio ad est, nord e ovest. Il primo passo fu la costruzione dell’ala nord, iniziata nel 1906. 

Nel frattempo l’attività archeologica e le acquisizioni non si fermarono. Emily Torday incrementò le collezioni centrafricane, Aurel Stein operò nell’Asia centrale, David George Hogarth, Leonard Woolley e Thomas Edward Lawrence eseguirono scavi a Karkemi. 

Nel 1918, vista la minaccia di bombardamenti sulla città, alcuni oggetti della collezione vennero evacuati in una stazione della ferrovia postale sotterranea a Holborn, presso la National Library of Wales e in una casa di campagna vicino a Malvern. Al loro ritorno, venne notato che alcuni pezzi si erano deteriorati. Per il restauro venne allestito un laboratorio temporaneo nel maggio 1920, divenuto poi un dipartimento permanente nel 1931. Ad oggi è il più antico laboratorio di conservazione esistente al mondo. Nel 1923 il British Museum ospitò più di un milione di visitatori. 

Furono costruiti nuovi piani a mezzanino, e gli archivi furono ricostruiti per gestire meglio l’enorme mole di libri. Nel 1931 il commerciante d’arte Sir Joseph Duveen offrì dei finanziamenti per costruire una galleria per le Sculture del Partenone. Progettata dall’architetto americano John Russell Pope, fu completata nel 1938. L’aspetto delle gallerie espositive iniziò a cambiare quando le cupe tonalità di rosso dell’epoca vittoriana lasciarono il posto a delle tinte pastello più moderne. Comunque, nell’Agosto 1939, a causa dell’imminenza della guerra e della probabilità di attacchi aerei, le sculture del Partenone, insieme alle collezioni più preziose del museo, furono riposte in rifugi sicuri in case di campagna, nella stazione della metropolitana di Aldwych e nella National Library of Wales. L’evacuazione fu opportuna, poiché nel 1940 la galleria Duveen fu pesantemente danneggiata dai bombardamenti. Il museo continuò a raccogliere opere da ogni secolo e nazione: tra le acquisizioni più spettacolari ci fu il tesoro di Ur, del 2600 a.C., scoperto durante gli scavi che Leonard Woolley condusse dal 1922 al 1934. Corredi funebri in oro, argento e granato dalla nave funeraria anglosassone di Sutton Hoo e oggetti d’arredamento Romani in argento da Mildenhall. Nel dopoguerra le collezioni ritornarono al museo, il quale fu ristrutturato dopo i bombardamenti su Londra. Iniziò inoltre l’opera di ristrutturazione della galleria Duveen. 

Nel 1953 il museo celebrò il bicentenario a cui seguirono molti cambiamenti: nel ’68 venne fondata l’associazione “Amici del British Museum”, nel ’70 venne attivato un Servizio a scopo educativo (Education Service) ed una casa editrice nel 1973. Nel 1963, una nuova legge parlamentare, introdusse nuove riforme amministrative. Divenne molto più semplice donare oggetti e la Costituzione della “Camera dei Filantropi” venne cambiata, cosicché il Museo di storia naturale divenne completamente indipendente. Nel 1959 venne ricostruita e riaperta la Sala delle monete e delle medaglie che era stata completamente distrutta durante la Prima Guerra Mondiale prestando attenzione all’impatto che la moderna struttura non contrastasse con le gallerie classiche dell’architetto Robert Smirke.By 1959 the Coins and Medals office suite, completely destroyed during the war, was rebuilt and re-opened, attention turned towards the gallery work with new tastes in design leading to the remodelling of Robert Smirke’s Classical and Near Eastern galleries. Nel 1962 la Galleria Duveen venne completamente restaurata e i fregi del Partenone vennero spostati nuovemente al suo interno, ancora una volta nel cuore del museo. 

Il museo subì ulteriori espansioni durante gli anni ’70. Vennero introdotti nuovi servizi per il pubblico, ed il numero dei visitatori crebbe, grazie soprattutto alla mostra temporarnea dei “Tesori di Tutankhamun” del 1972, che contò 1,694,117 presenze e fu l’esposizione di maggior successo nella storia dell’inghilterra. Lo stesso anno, inoltre, un Atto Parlamentare approvò la costruzione della British Library, che avrebbe contenuto i manoscritti e libri stampati presenti nel museo. Quindi nel British Museum rimasero i reperti storici, le monete e banconote antiche, le medaglie, i vari dipinti e le etnografie. Ciò comportò anche la ricerca di uno spazio extra su cui costruire tale biblioteca, che richiede ogni anno fino a 2 km di nuovi scaffali in cui collocare i libri. Il governo propose di ubicarla a St. Pancras, ma i libri non lasciarono il museo fino al 1997. 

Lo spostamento della British Library a St. Pancras si concluse solo nel 1998 e finalmente si ebbe lo spazio necessario in cui archiviare i libri. Ciò permise di sfruttare lo spazio lasciato libero nel museo nella più grande piazza coperta d’Europa, la Queen Elizabeth Great court, che venne inaugurata nel 2000. 

Le collezioni etnografiche, che erano state alloggiate nel Museo di Mankind nel 1970, tornarono quindi nel British Museum nelle nuove gallerie. 

Il museo venne riadattato nuovamente per accogliere nuovi oggetti: dipinti, disegni, medaglie, … La sezione etnografica venne arricchita di lavori che provengono da Nuova Guinea, Madagascar, Romania, Guatemala e Indonesia e c’erano reperti provenienti dal Vicino Oriente, Egitto, Sudan e Gran Bretagna. La Weston Gallery of Roman Britain, aperta nel 1997, mostrava una certa quantità di reperti da poco ritrovati che mostravano la ricchezza di quella che fino a poco tempo prima era considerata una zona poco importante dell’impero romano. Il museo godette di fondi privati per gli edifici, le acquisizioni e altro 

Oggi non vi sono più collezioni di storia naturale, e i libri e i manoscritti sono parte della British Library. Il museo mantiene comunque il suo carattere universalistico grazie alla collezione di artefatti rappresentanti le culture del mondo, antiche e moderne. La collezione originale del 1753 è cresciuta fino a raggiungere più di 30 milioni di oggetti solo al British Museum, altri 70 al Natural History Museum e 150 alla British Library. 

La British Museum Reading Room, progettata dall’architetto Sydney Smirke, venne aperta nel 1857. Per quasi 150 anni i ricercatori giunsero qui a consultare la sterminata biblioteca del museo. La Reading Room venne chiusa nel 1997, quando la biblioteca nazionale (la British Library) si trasferì al Leonore Annenberg Centre. Qui si trova anche la biblioteca di Paul Hamlyn riguardante le collezioni del museo, attualmente visitabile. 

Essendosi così liberato il cortile centrale del museo, il processo di demolizione finalizzato alla costruzione della Great Court pensata da Lord Foster poté iniziare. La Great Court, aperta nel 2000, mentre certamente fece aumentare il flusso dei visitatori, venne però criticata in quanto lasciava libero uno spazio in un periodo in cui il museo versava in gravi problemi finanziari e molte gallerie venivano chiuse al pubblico. Nello stesso periodo, le collezioni africane e dell’Oceania, temporaneamente situate nei sei Burlington Gardens, ricevettero nuova collocazione nel North Wing, fondato dalla famiglia David Sainsbury, grazie ad una donazione di 25 milioni di sterline. 

Opere principali 

La stele di Rosetta
Il cilindro di Ciro
I fregi del Partenone
I resti del Mausoleo di Alicarnasso
Il vaso di Portland (I secolo a.C.)
il tesoro di Hoxne
La collezione Stein sull’Asia centrale
Lavori di Albrecht Dürer (Rinoceronte)
Leonardo da Vinci, Profilo di capitano antico (1475 circa)
Michelangelo Buonarroti, Caduta di Fetonte (1533 circa)
Feretro interno dorato di Henutmehyt
Mummie egiziane
Pezzo di scacchi in avorio (XII secolo)
Targa in ottone da Benin, Nigeria
La Stanza dell’Orologio
Manufatti del sepolcro di Sutton Hoo
Bracciale in oro dal tesoro di Oxus
Impronte del Buddha
Testa colossale di Amenofi III
Statua megalitica Hoa Hakananai’a dell’Isola di Pasqua

Cancello di Lud

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 Ludgate era la porta più occidentale del London Wall. Il suo nome è stato dato alla Ludgate Hill, una continuazione di Fleet Street e Ludgate Circus. 

I romani costruirono una strada, verso ovest, lungo la riva nord del Tamigi in uscita dalla porta successivamente chiamata Lud Gate. Essa proteggeva la strada che portava al principale luogo di sepoltura dei romani in quella che oggi è Fleet Street. La porta si trovava vicino ad un piccolo fiume, il Fleet River, che ora scorre sottoterra. Essa era situata di fronte all’attuale St Martin’s Church sulla collina oggi nominata Ludgate Hill. Il sito in cui era ubicata la porta è oggi segnalato da una targa sul lato nord di Ludgate Hill, a metà strada tra Ludgate Circus e la Cattedrale di Saint Paul. 

La tradizione dice che la porta venne costruita da re Lud, nel 66 a.C. – ma è più facile che essa sia stata edificata dai romani e abbia soltanto preso il nome da Lud. 

Ricostruita nel 1215, su di essa vennero realizzate delle celle di una prigione per autori di reati minori. La porta fu uno dei tre siti che venivano chiamati Ludgate Prison. Nel 1378 venne deciso che Newgate Prison venisse usata per i criminali più pericolosi e Ludgate per i cittadini e gli ecclesiastici che venivano imprigionati per reati minori, quasi sempre per debiti non onorati. Nel 1419 ci si rese conto che i prigionieri stavano troppo bene in questa prigione e preferivano non pagare i debiti piuttosto che pagarli ed uscire di prigione. Pertanto le autorità decisero di trasferirli alla prigione di Newgate anche se quest’ultima era sovraffollata e molto malsana. 

Ricostruita nel 1586, ai suoi lati venne posta una statua di re Lud sul lato est ed una statua della regina Elisabetta I sul lato ovest. Queste statue sono ora all’esterno della St Dunstan’s Church, a Fleet Street. La porta venne nuovamente ricostruita dopo il grande incendio. Così come tutte le altre porte della città, venne demolita nel 1760. 

Fonte: Rosso Pompeiano forum

Aldwych

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 Originariamente consisteva in due linee ferroviarie metropolitane e due relative stazioni. Originariamente chiamata Strand Station aprì il 30 novembre 1907, ma risultò poco economica e cadde in disuso quasi subito, tanto che nel 1912 la stazione Nord e la relativa linea ferroviaria furono chiuse. Negli stessi anni il nome fu cambiato in Aldwych Station. Il tratto ancora in funzione risultò ben presto superfluo, e Aldwych fu definitivamente chiusa nel 1940. 

Alcune gallerie furono utilizzate come deposito negli anni seguenti, ma circa il 90% della metropolitana cadde in rovina. 

Fonte: Rosso Pompeiano forum e Wikipedia

All Hallows

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 All Hallows è la più antica chiesa nella città di Londra risalente al 675 dC, fondata da un re sassone sul sito di un antico edificio romano (alcune tracce sono ancora visibili nella cripta), nel tempo ha subito nel tempo diverse trasformazioni e durante il regno di Edoardo IV fu il luogo prescelto per la sepoltura temporanea di tutti i criminali giustiziati pubblicamente nella Torre di Londra, cui la Cattedrale è vicina. 

La chiesa fu gravemente danneggiata da un’esplosione nel 1650, ma è sopravvissuta al Grande Incendio, una delle più grandi calamità nella storia di Londra (dal campanile si narra che il cronista Samuel Pepys abbia osservato l’Incendio, poi in seguito descritto nel suo famoso Diario) e questo grazie all’ammiraglio William Penn, padre del famoso William Penn fondatore della colonia britannica della Pennsylvania, che demolì gli edifici circostanti per creare barriere antifuoco (procedura standard all’epoca per fermare la diffusione del fuoco) 

Fu meno fortunata però durante la Seconda Guerra Mondiale, quando un bombardamento distrusse tutto tranne la Torre e le mura; la ricostruzione è stata lunga e la Cattedrale venne riconsacrata solo nel 1957. 

Fonti: Rosso Pompeiano forum, Wikipedia e towerbridge.org.uk / allhallowsbythetower.org.uk

Pacifico del Sud – Oceania

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 Le Isole del Pacifico talvolta sono chiamate collettivamente anche Oceania (sebbene si definisca l’Oceania come comprendente anche l’Australasia e l’Arcipelago Malese).

Melanesia significa isole nere. Queste includono la Nuova Guinea (la più grande isola del Pacifico, che è divisa nella nazione sovrana della Papua Nuova Guinea e nelle province indonesiane di Papua e Papua Occidentale), la Nuova Caledonia, le Zenadh Kes (Isole dello Stretto di Torres), Vanuatu, le Figi e le Isole Salomone.
Micronesia significa piccole isole. Queste includono le Marianne, Guam, l’Isola di Wake, Palau, le Isole Marshall, Kiribati, Nauru* e gli Stati Federati di Micronesia. La maggior parte di esse giacciono a nord dell’equatore.
Polinesia significa molte isole. Queste includono la Nuova Zelanda, l’Arcipelago delle Hawaii, Rotuma, le Isole Midway, Samoa, le Samoa americane, Tonga, Tuvalu, le Isole Cook, Wallis e Futuna, Tokelau, Niue, la Polinesia francese e l’Isola di Pasqua. è la più grande delle tre zone. 

Le isole della regione sono classificate in due gruppi, isole alte e isole basse. I vulcani formano le isole alte, che generalmente possono sostenere più persone e hanno un suolo più fertile. Le isole basse sono scogliere o atolli, e sono relativamente piccole e sterili. La Melanesia, la più popolosa delle tre regioni, contiene principalmente isole alte, mentre la maggior parte della Micronesia e della Polinesia sono piccole isole. In aggiunta, ci sono molte altre isole localizzate dentro i confini dell’Oceano Pacifico che non sono considerate parte dell’Oceania. Tali isole includono le Isole Galàpagos dell’Ecuador; le Isole Aleutine in Alaska, Stati Uniti; le isole russe di Sakhalin e le Isole Kurili; Taiwan e altre isole della Repubblica di Cina; le Filippine; le isole nel Mar Cinese Meridionale, che comprendono le disputate Isole del Mar Cinese Meridionale; la maggior parte delle isole dell’Indonesia; e la nazione isola del Giappone, che include le Isole Ryukyu e l’arcipelago giapponese. 

Nauru (insieme all’isola di Banaba di Kiribati) potrebbe essere calcolata come una specie di eccezione. Gli indigeni nauruani sono sia un mosaico che una mescolanza di gruppi di tutte e tre le categorie – con un’influenza culturale che deriva primariamente dalla Micronesia. Si diceva anche che l’isola fosse un punto estremo dell'”Impero Tu’i Tonga” e potrebbe di conseguenza condividere sottili aspetti culturali e, ovviamente, storici con la Polinesia. Infine, le persone parlano una lingua e hanno un numero di geni che non sono in comune con alcuna delle tre regioni. Delle tre, Nauru è meno simile alla Polinesia e alla Melanesia e, ai fini pratici, è o assegnata alla Micronesia o designata come un’entità separata (quest’ultima essendo la scelta più comune). 

Fonte: Rosso Pompeiano forum

Nevada

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 Il Nevada è uno stato situato negli Stati Uniti d’America occidentali. La popolazione dello stato nel 2000 era di 1.998.257 abitanti, mentre nel 2007 ha già superato quota 2.500.000, facendo del Nevada uno degli stati con il maggior incremento demografico degli interi USA. 

“Nevada” è un aggettivo che in spagnolo significa innevato, coperto di neve. Il nome deriva dalla catena montuosa della Sierra Nevada nell’ovest dello stato. Gli abitanti di questo stato si chiamano Nevadans. 

Il soprannome dello stato è “The Silver State” (Lo stato d’argento) e il suo motto è “All for our Country” (Tutto per il nostro paese). La canzone dello stato è “Home Means Nevada” di Bertha Raffetto. La frase “Battle Born” (nato in battaglia) appare sulla bandiera dello stato, un riferimento alla fondazione dello stato, avvenuta durante la Guerra di secessione americana (anche se nessuna battaglia di quella guerra ebbe luogo in questo stato). 

Diverse unità della marina degli Stati Uniti hanno preso il nome di USS Nevada in onore dello stato. 

Faceva parte della California, quando nel 1850, il Congresso USA creò il territorio dello Utah che includeva gli attuali stati dello Utah, Idaho e Nevada. Il 1859 vide la scoperta della Comstock Lode, una collina ricca di oro e argento, e nacque così Virginia City. La scoperta portò nello stato un flusso crescente di minatori, cercatori, mercanti e persone di ogni tipo che speravano di arricchirsi in fretta. 

Il 2 marzo 1861, il Nevada si separò dal territorio dello Utah, adottando il nome attuale come territorio autonomo. Il 31 ottobre 1864 il Nevada divenne il trentaseiesimo stato dell’Unione. Un mito sopravvissuto ancora oggi nello stato sostiene che esso venne fondato nel bel mezzo della Guerra di secessione americana per fare in modo che gli stati dell’Unione potessero accedere più facilmente alle ricchezze delle sue miniere. Lo stato venne tuttavia fondato per ragioni più complesse, sia politiche sia economiche, fra le quali il bisogno dei Repubblicani moderati di ottenere ulteriori voti per la rielezione di Abramo Lincoln. 

Per rispondere alla Grande depressione dei primi anni trenta, il Nevada legalizzò il gioco d’azzardo il 17 marzo 1931 con lo scopo di stimolare la crescita economica. 

Una storia romanzata (ma basata su molti fatti reali) si trova nel libro che porta il nome dello stato, Nevada, scritto da Clint McCullough. 

A causa dell’incredibile espansione di Las Vegas negli ultimi anni, si assiste a una progressiva divisione tra la politica del Nevada del Nord e e del Nevada del Sud. Il nord ha conservato a lungo il controllo delle posizioni chiave nel governo dello stato, anche se l’area di Las Vegas è più grande di diverse volte rispetto alla Contea di Washoe. Ciò ha causato un risentimento in entrambe le parti, in quanto il nord vede il sud come un potenziale gruppo di “prepotenti” che si basano sulla regola della maggioranza, mentre il sud considera il nord come la “vecchia guardia” che cerca di governare come in un’oligarchia. Queste dispute interne sono spesso sconosciute a chi proviene da altri stati. 

In Nevada è in vigore la pena di morte; dal 1976 ad agosto 2004 si sono registrate 11 esecuzioni, mentre i detenuti nel braccio della morte sono 87. 

Fonti: Rosso Pompeiano forum e Wikipedia

Area 51

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 L’Area 51 consiste in una vasta zona militare operativa di 26.000 km2, situata vicino al villaggio di Rachel a circa 150 km a nord-ovest di Las Vegas, nel sud dello stato statunitense del Nevada. Nonostante sia situata nella vasta regione appartenente alla Nellis Air Force Base, le strutture nei pressi del Groom Lake sembrano essere gestite come se fossero un distaccamento dell’Air Force Flight Test Center della base aerea di Edwards nel Deserto del Mojave e, come tale, la base è nota con il nome di Air Force Flight Test Center (Detachment 3). 

Le strutture della base sono anche note come “Dreamland”, “Paradise Ranch”, “Home Base”, “Watertown Strip”, “Groom Lake” e più recentemente “Homey Airport”. Spesso i piloti militari chiamano lo spazio aereo attorno alla base come “The Box” (la scatola). 

Gli elevati livelli di segretezza che circondano la base e il fatto che la sua esistenza sia solo vagamente ammessa dal governo statunitense ha reso questa base un tipico soggetto delle teorie del complotto e protagonista del folklore ufologico. 

Nel corso del 2009 diversi ex-funzionari che hanno lavorato nell’Area 51 sono stati autorizzati a rilasciare dichiarazioni, affermando che l’Area serviva per lo sviluppo e il test di apparecchiature tecnologicamente all’avanguardia (jet militari, moduli lunari, ecc.) nella massima segretezza. 

La base aerea di Groom Lake non è una base convenzionale e sembra utilizzata per lo sviluppo, il test e le fasi di addestramento di nuovi aerei. Quando questi velivoli vengono approvati dall’United States Air Force o da altre agenzie come la CIA, le loro operazioni vengono generalmente condotte da una normale base aerea militare. Tuttavia, è stato riferito che la base sia l’alloggiamento permanente di un piccolo numero di aerei sovietici, che vengono analizzati ed utilizzati per gli addestramenti. 

I satelliti spia sovietici hanno ripreso immagini della base durante la Guerra Fredda, e successivamente anche satelliti ad uso civile hanno ottenuto immagini dettagliate della base e dell’ambiente circostante. Queste immagini permettono di fare poche conclusioni sulla base, poiché ritraggono solo una base, delle lunghe piste, gli hangar e il lago. Non consentono di provare nulla sulle strutture sotterranee. 

Anche se non è contrassegnata con un identificativo ICAO, nel dicembre 2007 i piloti di aerei notarono che la base appariva nei loro sistemi di navigazione con il codice “KXTA” 

Fonti: Rosso Pompeiano forum e Wikipedia

Molo sul Tamigi (Cattedrale)

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 Per evitare confusione, si specifica che è si preso in esame la cattedrale di Saint Paul, NON il livello bonus All Hallows. 

Saint Paul è una delle due cattedrali anglicane di Londra (l’altra è quella di Southwark), ubicata in Ludgate Hill, nella City. Chiesa madre della Diocesi Anglicana di Londra, l’imponente edificio è considerato il capolavoro dell’architetto Christopher Wren. E’ il secondo edificio religioso per dimensione dopo la Basilica di San Pietro in Vaticano. 

Se Westminster è la chiesa degli inglesi, St.Paul lo è dei londinesi. A Londra esiste una cattedrale dedicata a San Paolo fin dal 640: molte delle chiese precedenti sono state distrutte dagli incendi, mentre quella eretta nel 1240 era il famigerato luogo di esecuzione per streghe ed eretici. La St. Paul di oggi è la quarta che sorge sullo stesso sito, e vanta una serie di record: è l’unica cattedrale barocca dell’Inghilterra, l’unica con una cupola, e l’unica eretta tra la Riforma e il 1800. Inoltre, è stata l’unica ad essere stata ideata da un solo architetto, Sir Christopher Wren, che la completò prima di morire. St. Paul ospita da sempre gli eventi più importanti della città: dai funerali di Lord Nelson e quelli di Winston Churchill, al centesimo compleanno della Regina Madre, al matrimonio di Lady Diana con il Principe Carlo. 

L’interno di St. Paul è maestoso e spettacolare come l’esterno. Fermatevi sulla soglia ad ammirare la navata che porta all’altare maggiore. Lungo la navata, nella parte sinistra, la All Saints Chapel e la St. Dunstan’s Chapel custodiscono molti monumenti funebri. L’altare maggiore è una copia di quello originale, ideato da Sir Wren e bombardato durante la Seconda Guerra Mondiale. Dietro l’altare trovate l’American Memorial Chapel, un monumento dedicato ai soldati americani morti in Inghilterra nella seconda guerra mondiale, sorto in una zona bombardata proprio durante l’ultima guerra. Il Painter’s Corner ospita i resti di artisti celebri, tra cui Constable, Turner, Reynolds.
La cupola è l’elemento più spettacolare della cattedrale, e una delle più grandi al mondo: è alta 111,3 metri, pesa circa 65mila tonnellate ed è seconda soltanto a quella di San Pietro. Costruita tra il 1673 e il 1711, la cupola poggia su tre ordini sovrapposti: una cupola interna di mattoni, una struttura intermedia che sostiene la croce e la sfera, e la cupola esterna, in legno e piombo. La parte interna della cupola poggia su otto grandi archi, sostenuti da colonne corinzie. Le colonne sono decorate da affreschi del 1719, che illustrano la vita di San Paolo. Le gallerie e la cupola si raggiungono con una serie di scale: 1560 gradini che attraversano la Whispering Gallery, la Stone Gallery ed infine la Golden Gallery. La Whispering Gallery prende il nome da whisper, sussurro, perché i bisbigli risuonano da una parte all’altra delle pareti. Oltre all’acustica eccezionale, la Whispering Gallery conserva anche un prezioso organo del 1695, ancora in funzione. La Golden Gallery è la più piccola delle tre gallerie e percorre il punto più alto della cattedrale esterna (quasi 86 metri), offrendo un panorama mozzafiato sulla City, il Tamigi e le guglie del Parlamento. 

Situata sotto la cattedrale, la cripta conserva il monumento funebre dell’Ammiraglio Nelson ed il mausoleo del Duca di Wellington. La cripta ospita anche un bar, un ristorante e un bookshop. Inoltre, nella cripta potete ammirare modellini e plastici della cattedrale e di quelle precedenti.

Antartide

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 L’ipotesi dell’esistenza di una Terra Australis, cioè di un vasto continente nell’estremo sud del mondo con lo scopo di “equilibrare” le terre del nord (Europa, Asia e Nord Africa), esisteva fin dai tempi di Tolomeo, che suggerì l’idea di simmetria di tutte le terre conosciute nel mondo. Rappresentazioni di una grande superficie meridionale erano comuni nelle mappe. Ancora nel tardo XVII secolo, dopo che gli esploratori avevano scoperto che il Sud America e l’Australia non erano parte del mitico “Antartide”, i geografi credevano che il continente fosse molto più vasto rispetto alla sua dimensione reale. 

Le mappe europee continuarono a mostrare questo ipotetico territorio fino a quando le navi del capitano James Cook, HMS Resolution e HMS Adventure, non attraversarono il Circolo polare antartico il 17 gennaio 1773, nel dicembre 1773 e nuovamente nel gennaio del 1774. Cook in realtà era arrivato a circa 75 miglia (121 km) della costa antartica, prima di essere costretto a invertire la rotta di fronte ai ghiacci nel gennaio 1773. Il primo avvistamento confermato dell’Antartide è dibattuto fra 3 diversi equipaggi. Secondo diverse organizzazioni (National Science Foundation, NASA, Università della California (San Diego), e da altre fonti), le navi capitanate da tre uomini avvistarono il nuovo continente nel 1820: Fabian Gottlieb von Bellingshausen (capitano della Marina Imperiale Russa), Edward Bransfield (un capitano della Royal Navy), e Nathaniel Palmer (un cacciatore di foche statunitense). Von Bellingshausen il 27 gennaio 1820, tre giorni prima dell’avvistamento di Bransfield, e dieci mesi prima di Palmer (novembre 1820). Quel giorno le due navi della spedizione guidata da Von Bellingshausen e Mikhail Petrovich Lazarev raggiunsero un punto a di 32 km (20 miglia) del continente antartico e videro i campi di ghiaccio. Il primo sbarco documentato sulla terraferma avvenne con l’americano John Davis nell’Antartide occidentale il 7 febbraio 1821, anche se questa versione è contestata da alcuni storici. 

Nel dicembre 1839 una spedizione salpò da Sydney, in Australia, e riferì la scoperta “di un continente antartico a ovest delle isole Balleny”. Quella parte di Antartide venne in seguito denominata “Terra di Wilkes”. 

Nel 1841 l’esploratore James Clark Ross passa attraverso quello che è oggi conosciuto come il Mare di Ross e scoprì l’Isola di Ross. Navigò lungo un enorme muro di ghiaccio che venne successivamente nominato Ross Ice Shelf. I monti Erebus e Terror vennero dedicati alle due navi dalla sua spedizione: HMS Erebus e Terror. Mercator Cooper sbarcò nell’Antartide orientale il 26 gennaio 1853. 

Durante la spedizione Nimrod guidata da Ernest Shackleton nel 1907, gli uomini guidati da T.W. Edgeworth David furono i primi a scalare il monte Erebus e a raggiungere il Polo Sud magnetico. Shackleton e altri tre membri della sua spedizione ottennero diversi primati tra il dicembre 1908 e il febbraio 1909: furono i primi uomini a percorrere la Ross Ice Shelf, i primi ad attraversare la catena dei Monti Transantartici (attraverso il ghiacciaio Beardmore). Il 14 dicembre 1911, una spedizione guidata da esploratore polare norvegese Roald Amundsen divenne il primo a raggiungere il Polo Sud geografico, utilizzando un percorso che parte dalla Baia delle Balene e il Ghiacciaio Axel Heiberg. Circa un mese più tardi, anche la sfortunata spedizione di Robert Falcon Scott raggiunse il polo ma i suoi cinque membri non sopravvissero al ritorno. 

Richard Evelyn Byrd compì numerosi viaggi sull’Antartico in aereo negli anni 1930 e anni 1940. Condusse ampie ricerche geologiche e biologiche. Fu fino al 31 ottobre 1956 che non si rimise piede al Polo Sud; in quel giorno la US Navy group guidata da George J. Dufek vi atterrò con successo. 

Fonte: Wikipedia

Il Fiume Gange

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 Il Gange (chiamato localmente Ganga) è un grande fiume del subcontinente indiano che scorre verso oriente attraversando le pianure del nord dell’India e il Bangladesh. Ha una lunghezza di 2.510 km e le sue sorgenti sono localizzate sul ghiacciaio di Gangotri nello stato indiano dell’Uttarakhand, nell’Himalaya centrale. Sfocia nel Golfo del Bengala con un ampio delta nella regione del Sundarbans. Per millenni ha goduto di una posizione preminente nella religione indù in India ed è adorato nella sua forma personificata della dea Ganga. 

Il Gange assieme ai suoi affluenti possiede un bacino idrografico che si snoda su una superficie di circa un milione di chilometri quadrati, che supporta una delle regioni più densamente popolate del pianeta Terra. Quasi la metà della popolazione dell’India vive in un terzo del territorio del paese, compreso in 500 km dalla catena himalayana all’interno della Pianura del Gange. 

Nel suo libro Discovery of India, Jawaharlal Nehru scrive: 

“The Ganges, above all is the river of India, which has held India’s heart captive and drawn uncounted millions to her banks since the dawn of history. The story of the Ganges, from her source to the sea, from old times to new, is the story of India’s civilization and culture, of the rise and fall of empires, of great and proud cities, of adventures of man…”
“Il Gange, soprattutto è il fiume dell’India, che ha preso prigioniero il cuore degli indiani e ne ha attratto innumerevoli milioni alle sue rive fin dagli albori della storia. La storia del Gange, dalla sua sorgente al mare, dai tempi antichi ai nuovi, è la storia della civiltà e della cultura dell’India, della nascita e della caduta di imperi, di grandi e fiere città, dell’avventura dell’uomo…” 

Situata sulle rive del fiume Gange, Varanasi è considerata da molti come la città più santa per l’Induismo. Al Gange si fa riferimento nel Rig-Veda, la prima tra le scritture indù. Appare nel nadistuti (Rig Veda 10.75), che elenca i fiumi da est a ovest. Anche nel Rig Veda 6.45.31, la parola Ganga è accennata, ma non è chiaro se il riferimento è al fiume. 

Secondo gli indù il fiume Gange (che è femminile) è sacro. è adorato dagli indù ed è personificato come una dea Devi, che detiene un posto importante nella religione indù. Per gli Indù c’è la convinzione che effettuando il bagno nel fiume (in particolare in talune occasioni) si possa ottenere il perdono dei peccati e un aiuto per raggiungere la salvezza. Le abluzioni mattutine e serali sono normalmente effettuate presso alcune strutture dedicate costituite da scalinate che terminano nel fiume, dette ghats. Molte persone compiono lunghi viaggi per immergere le ceneri della cremazione dei loro familiari nelle acque del Gange; si crede che questa immersione possa far salire l’anima al cielo. Numerosi luoghi sacri indù si trovano lungo le sponde del fiume Gange, tra cui Haridwar e Varanasi. Si ritiene che bere l’acqua del Gange farà sì che dopo l’ultimo respiro l’anima salirà al cielo. 
Il Gange a Varanasi. 

Gli induisti credono anche che la vita sia incompleta senza la balneazione nel Gange almeno una volta nella propria esistenza. Una buona parte delle famiglie indù tiene un flaconcino di acqua del Gange nella propria casa. Viene considerato prestigioso detenere l’acqua della Santa Ganga in casa, e in tal modo, se qualcuno sta morendo, sarà sempre in grado di bere la sua acqua. Molti indù credono che l’acqua della Ganga possa ripulire l’anima di una persona da tutti i peccati passati, e che possa anche curare i malati. Le antiche scritture ricordano che l’acqua del Gange porta le benedizioni dei piedi del Signore Vishnu; quindi la Madre Gange è anche conosciuta come Vishnupadi, che significa “proveniente dal piede di loto del Signore Supremo Sri Vishnu”. 

Alcune delle più importanti festività indù e raduni religiosi (intesi come culti) si celebrano qui. Varanasi ha centinaia di templi lungo le rive del fiume che vengono spesso inondati durante le piogge. Questa città, specialmente lungo le rive, è un importante luogo di culto indù e sede per la cremazione. 

La mitologia indiana afferma che Ganga, figlia di Himavan, re della montagna, aveva il potere di purificare tutto ciò che toccava. Ganga veniva dal cielo e purificava il popolo indiano. Anche dopo il funerale, gli indiani spesso immergono i corpi dei loro morti nel fiume, ritenendo così di purificarli dai loro peccati. 

Durante il primo periodo vedico, l’Indo e il fiume Sarasvati erano considerati i grandi fiumi. Ma più tardi il Gange assumerà il posto principale come mostrato dai suoi numerosi riferimenti. 

Forse il primo occidentale a citare il Gange è stato Megastene. Lo ha fatto più volte nel suo lavoro “Indika”: l’India, ancora una volta, possiede molti e grandi fiumi navigabili che, dalle loro fonti in montagna si estendono lungo la frontiera settentrionale, attraversando il paese, e non pochi di questi, dopo essersi uniti gli uni con gli altri, rientrano nel fiume chiamato il Gange. Ora questo fiume, la cui sorgente è di 30 grandi stadi, scorre da nord a sud, e getta le sue acque nel mare che costituisce il confine orientale del Gangaridai, una nazione che possiede una grande forza dagli elefanti di grandi dimensioni. (Diodoro II.37.) 

A Roma in Piazza Navona, la famosa scultura, la Fontana dei Quattro Fiumi disegnata da Gian Lorenzo Bernini e costruita nel 1651, simboleggia i quattro grandi fiumi di tutto il mondo (il Gange, il Nilo, il Danubio e il Rìo de la Plata), in rappresentanza dei quattro continenti allora noti. 

Fonti: Rosso Pompeiano forum e Wikipedia