[Fan Fiction] There’s no love in a dream

Autore: shining leviathan [Profilo]

Disclaimer: Tutti i personaggi descritti appartengono ai rispettivi proprietari.

Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale

Rating: giallo

Introduzione

“ Serah, io ti credo.”
“ Cosa?”
“ Ti credo. Lightning è viva ed è da qualche parte. Forse non su Pulse, nemmeno Cocoon, ma ho intenzione di cercarla e riportarla a casa.”
“ Snow…”
“ Fidati. Tornerò presto… con lei.”
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” Chi sei?”
“Noel. Noel Kreiss. So dov’è tua sorella.”
“ Puoi portarmi da lei?”
“ Vieni con me.”
E andai con lui. Senza esitazione.
Sentivo di potermi finalmente fidare di qualcuno.

There’s no love in a dream

There's no love in a dream Io so che Lightning è viva, lo so.

Abbi pazienza, Serah, presto ti porterò da lei.

Aprii gli occhi di scatto. Fui quasi sorpresa di ritrovarmi in quella stanza, stesa orizzontalmente sul letto. Sola, come mai lo ero stata nella mia vita.

Io so, nel bene e nel male, di avere sempre qualcuno. Eppure ora, in questa casa di fortuna, le mie speranze vacillano.

La porta era socchiusa, da quello spiraglio vedevo unicamente un raggio di luce smorta e qualcosa che ballava indistintamente fra gli acari della polvere. Cauta, mi misi seduta, la camicia stropicciata, non mia, le gambe scoperte. Le feci dondolare piano, sorpresa di quanto fosse freddo quel lenzuolo nelle zone dove la mia pelle non era stata in contatto. Rifletteva malamente quanta solitudine pervadesse quel luogo. E anche il mio cuore.

Legai i capelli – erano proprio da lavare- e intanto mi chinai involontariamente in avanti, protendendomi verso l’indefinita ombra scura.

“ Snow?” fui flebile, quasi a cercare un pretesto per darmi ulteriormente della stupida. E se quella stupidità si fosse fatta carne avrei ringraziato mille volte di essere ancora ingenua, di capire come funzionava il meccanismo della sorpresa per una realtà banale e scontata.

Non lo vidi nemmeno varcare la soglia, ma lo spostamento d’aria, il suo profumo, le sue labbra sul mio collo riempirono la mia anima fino a scoppiare.

Fili sottili di biondo pallido calarono sulla mia fronte, e li toccai timorosa di vederli sparire.

“ Come stai?” chiese semplicemente, col suo fare protettivo nel quale avrei voluto di tuffarmi per non riemergere mai più. Sorrisi, spingendo il viso nell’incavo del collo.

“ Meglio.” Mormorai. “ Non dovresti essere con Gadot al cantiere?”

“ Bha! Il ragazzone può cavarsela da solo per un pomeriggio.” Avvolse le braccia intorno alla mia schiena. Boccheggiai sentendomi trascinare nuovamente sul materasso, le sua mani bollenti sul ventre che si trascinavano pigre sempre più su.

Alzai gli occhi al cielo, facendolo esplodere in una fragorosa risata.

“ Pensavi davvero che avrei preferito un pomeriggio a spaccare pietre piuttosto che stare con te?”

“ Smettila di fare il vizioso!” sussurrai mio malgrado. Gli feci una linguaccia, e ne approfittò per rubarmi un bacio. Intrecciammo le bocche, le lingue, un’umidità così conosciuta e sospirata.

L’ennesimo degenerare in amore appassionato che ci eravamo ripromessi di controllare in quei tempi di crisi.

Ma gli esseri umani sono bugiardi.

Amarsi è una bestia selvatica che non potrai mai soggiogare a lungo.

Nemmeno in mille anni.

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L’odore era pesante, muschiato. Eppure non mi sentivo abbandonata, fredda, ogni fibra si era risvegliata dal torpore. Mi accarezzava la pelle, si insinuava fra i miei capelli e indugiava nelle pieghe delle ginocchia, sulla fossetta del mento e la clavicola, seguendo il percorso delle dita di Snow, leggero e delicato, una discordanza profonda messa in evidenza dal suo aspetto non proprio angelico. Non volevo nessun altro, solo lui e la sua disarmante buona volontà.

Mi spostai vicina a lui, giacendo sull’ampio petto per avvertire la musica che il suo corpo emanava dopo i nostri incontri: il cuore percuoteva furioso la pelle, e sospirai. Nell’intimità i problemi del mondo non esistevano, che fosse Pulse o Cocoon non importava. Per me “casa” era Snow, due sinonimi che non cozzavano quanto la rava e la fava – e in seguito il pensiero di Claire tornava prepotente, mi ricordava quel detto nella fatidica estate in cui incontrai il mio quasi- marito-

La scheggia di diamante che immancabilmente perforava a velocità lo specchio fragile della nostra vita mandava in frantumi l’illusione serafica scaturita da nostro amore. Deglutii.

“ Snow?”

Snow smise di sfiorarmi – forse essendo delicato aveva intuito in parte ciò che stavo pensando- e i suoi occhi si scontrarono coi miei, azzurro in azzurro, e il mio piccolo cielo si riempì di lacrime, lo intuii dal serrarsi spasmodico delle braccia di Snow per rassicurarmi. Non ce la feci: le immagini del giorno in cui da cristallo tornai persona si aggrapparono con stizza all’occhio della memoria, e alla felicità subentrò unicamente l’angoscia.

È il suo coltello, l’ho trovato vicino al pilastro.

È rimasta intrappolata. Sorregge Cocoon… insieme a Fang e Vanille.

BASTA!

Strinsi i denti. Due anni non avevano portato che ulteriori delusioni, ma io sapevo che non poteva essere altrimenti. Sapevo che nessuno mi avrebbe creduto. Io c’ero quel giorno, e c’era anche mia sorella.

Perché?

Come può essere nel pilastro? Era qui fino a pochi secondi fa.

Pochi secondi. Lightning Farron se n’era andata come aveva vissuto: senza disturbare, in fretta. Mi ero sentita male dopo. Mentre io godevo i frutti e la felicità derivati dallo sforzo altrui, mia sorella, la mia sorellona viziata, spariva nel nulla, inghiottita verso destinazioni ignote.

Una lacrima cadde sul lenzuolo, le avevo cambiate quella mattina, e ora non mi importava.

“ Serah?”

Odio, odiavo farlo preoccupare. Mi asciugò le gote, e io singhiozzai senza remore, aggrappandomi a lui come un naufrago sullo scoglio della salvezza.

“ Lo so, lo so.” Soffocai nella mia stessa voce, sporcata dagli spasmi del pianto “ Questo è di nuovo un sogno. Light non c’è.” Trovai il coraggio di guardarlo, ma lui sviò lo sguardo “ E anche tu. Anche tu non sei qui!”

“ No.” Concordò mestamente. Scossi la testa, lasciandomi cadere fra le coperte sfatte, raggomitolandomi per nascondere il viso congestionato.

“ Ho fatto una promessa, Serah.” Lo sentii dire da molto lontano “ Ti prego, non crollare, aspettami.”

Un bacio leggero sulla testa. “ Tornerò, e tornerò con Light.”

Scattai, allungandomi per afferrarlo, trattenerlo con me ancora un po’. Fumo, nebbia sottile che scivolò fra le dita, sibillina e mentitrice. Il letto era un’unica piega, come la camicia, la sua camicia, e il suo profumo intersecato nella stoffa. Nient’altro.

Tutto ciò che rimaneva di Snow Villiers in due anni di fragile convivenza. Un anno fa la promessa che distrusse maggiormente il mio animo già martoriato.

E dire che l’ha fatto per te, possibile che tu sia così egoista, Serah?

La nuvola scura si dissolse in fretta, troppo. Non seppi mai se fosse scomparsa con Snow oppure se lui era scaturito da essa.

Quel brivido lungo la schiena tradiva l’incertezza del futuro.

E di lì a poco il futuro diventò una linea cancellata dalla stessa mano che mi portò verso la rovina.

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“ Serah, io ti credo.”

“ Cosa?”

“ Ti credo. Lightning è viva ed è da qualche parte. Forse non su Pulse, nemmeno Cocoon, ma ho intenzione di cercarla e riportarla a casa.”

“ Snow…”

“ Fidati. Tornerò presto… con lei.”
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Il ciondolo dormiva ancora nel cassetto del mio comodino, coperto da una quantità incredibile di vestiti che non mettevo più. Cominciando a lavorare nelle scuole il mio stile da liceale era stato radicalmente sostituito da una veste di fattura locale, come se cercassi di sottolineare un appartenenza atavica a quel luogo selvaggio e perennemente ostico. La storia, la presenza del team NORA mi donavano l’energia per camminare a testa alta e non perdermi nel passato. Rivangare mi portava inconsciamente a sistemare i lembi della gonna perché non rivelassero quell’insicurezza del sentirmi inadeguata e nuda, perché la gente non capisse che quei panni, quel sorriso, erano dettati dall’inquietudine del ritrovarmi gettata in pasto al futuro.

Un arco di tempo che temevo. Vedevo profilarsi anni e anni sola, con qualche sporadica compagnia che non leniva il mio dolore. Oltre la maschera, l’incrinatura sottile della ceramica, ero una Serah nuova, una volta ottimista e l’altra no. Di certo la maturità non mi mancava per venire a meno nei momenti meno opportuni.

“ Serah, andiamo!”

Urtai un cadavere. Il tempo di urlare e quei mostri mi furono subito addosso, e io inerme fissavo terrorizzata e incredula come un topolino ipnotizzato da un sinuoso serpente.

“ Lightning” ti prego, ascoltami, implorai dentro di me “ Aiutami!”

Spari. Una presa ferrea sul polso, e il viso di Lebreau vicino al mio. Dalla sua espressione, dal sangue nero che scivolava fino alla scollatura, avrei preferito uno schiaffo.

Non ammetteva repliche, dovevo svegliarmi.

“ Lightning è morta!” aggiunse, forse per spronarmi a cavarmela finalmente da sola. Dal canto mio, mi trattenni dal sputarle in faccia. Oltre a me e Snow nessuno aveva prestato ascolto.

Le gente faceva presto a dire le cose, troppo a riflettere per trovare grinze nelle loro supposizioni.

La battaglia infuriava feroce e dalla ferocia più inaudita, qualcuno mi venne in aiuto. Uno spostamento d’aria mi mise in allerta, e al mio fianco, sovrastandomi di mezza testa stava un ragazzo. Mangiai il primo boccone amaro: lui non era Snow, ma sentivo di conoscerlo come se fosse un vecchio amico.

“ Abbi pazienza, Serah, presto ti porterò da lei.”

Pensai a quella frase sognata tempo prima. La sua voce risuonò limpida e secca.

“ La vuoi? Allora dovrai passare sul mio corpo!”

“ Io… io ti ho visto. Nel mio sogno…”

Mi guardò, e in quel momento pensai di poter sentire un filo conduttore che si intrecciava, saldando i presupposti di un grande viaggio. Una grande sofferenza.

Sorrise – dubito che l’avesse sentito anche lui- forse per prendermi in giro, e soggiunse pieno di una velata malizia “ Sì, sì. Dimmelo più tardi. Puoi combattere?”

“ Certo!”

Ammisi che ci sapeva fare. Era bravo a combattere, ed era bravo a scegliere le parole per colpire diritto al punto. L’inflessione delle parole mi fece sorgere il sospetto che si fosse preparato le battute e che non aveva avuto occasione di utilizzarle prima.

Sotto quella scorza di arroganza, scorsi un animo ferito e spaventato quanto il mio. Mi ricordava davvero molto Snow, e la nostalgia per la sua partenza.

Presi coraggio “ Chi sei?”

“ Noel.” Rispose pronto “ Noel Kreiss.”

Ripose la spada nel fodero, e oltre il rumore stridente il mio cuore partì al galoppo “ So dov’è tua sorella.”

“ Puoi portarmi da lei?”

“ Vieni con me.”

E andai con lui. Senza esitazione.

Sentivo di potermi finalmente fidare di qualcuno.

Anche se all’inizio non sarebbe andata proprio così.

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“ Davvero non capisco.”

Per quanto me l’avesse spiegato mentre levitavamo nel passaggio dimensionale sentivo di non poter concepire di aver viaggiato nel tempo. Si schiarì la gola, mostrandomi la spiaggia battuta dalle sciabordanti onde azzurre dell’oceano.

“ L’Historia Crux permette di viaggiare nelle epoche. Diversi passaggi possono portarti avanti e indietro in un determinato luogo per, mh, che so, dieci, cinque, vent’anni.” Alzò un sopracciglio “ Lo abbiamo appena fatto, Sarah.”

“ Serah.”

Mi fissò per un attimo, forse non mi aveva nemmeno ascoltato nel correggere il mio nome. Arrossii e se ne accorse. Diede un suono di gola molto simile ad un rantolo ed esclamò “ Ehi, Mog, non allontanarti troppo.”

Il moguri svolazzava allegro nell’aria, e dimenticai l’imbarazzo della situazione. Sorrisi fra me e me nel pensare che fosse un regalo di Light. Light, la mia sorellona era viva.

Lo coccolavo un po’ troppo, tuttavia per essere un orgoglioso moguri le mie attenzioni gli facevano piacere e si sottoponeva di buon grado ai vezzeggiamenti degni di una madre apprensiva. Noel stava a debita distanza: non gradiva quelle effusioni, e sotto il rifiuto scorsi l’invidia di una mano sulla testa, una carezza incoraggiante.

Capii che non aveva mai avuto nulla di tutto questo, e una volta in più, davanti ai miei occhi, rivedevo Snow, l’orfano che aveva saputo reinventare se stesso e che bramavo di poter rivedere. Un anno è un tempo infinito, parco di esiti positivi.

Di ritorni sospirati.

Light, in un modo o nell’altro, era al sicuro. Ma Snow?

Sobbalzai. Noel mi stava scuotendo, cercando di farmi tornare in me.

“ Serah!” esclamò, un tantino impaziente “ Ehi, non andarmi in catalassi a inizio viaggio!”

Mi scostai spaventata, mi ripresi in fretta “ Si dice catalessi.” Aggrottai le sopracciglia, mettendo un passo di distanza. Adocchiai un baluginio sulla sabbia, e in un lampo lo notò anche Mog.

Planò dolcemente sulla montagnola color senape, scavando alacremente fino ad emettere uno strilletto. “ Pugnale, kupò!” lo mostrò, e a quel punto accadde qualcosa di strano.

Una foschia scura invase la lama, propagandosi fino all’impugnatura. Trillando come un pavone impazzito, il piccolo moguri lo lasciò cadere sulla sabbia e questa lo divorò fino a inghiottirlo.

Impallidii, voltando lentamente la testa verso Noel. Pensai che un fantasma potesse avere più colorito, la sfilza di pensieri sconnessi turbavano gli occhi blu scuro e a quel punto ribatté nervoso:

“ Dobbiamo andarcene.” Mog si fiondò verso di me, affondando la testa nel vestito. Lo tenni stretto, senza proferir verbo e marciai risoluta verso il passaggio.

“ Serah…”

Mi fermai “ Sì?”

“ Vorrei che tu ti fidassi di me.”

Spalancai appena gli occhi, sorpresa, e ringraziai di avercelo alle spalle. Anche così sentivo lo zaffiro carico delle sue iridi perforarmi la schiena, e lo trovai inquietante.

“ Mi fido di te.” Impregnai la voce di serenità, persa da anni, e Noel, a differenza delle piccole bugie che raccontavo ogni tanto a Snow quando volevo aiutare nei lavori pesanti, non la bevve.

Sbuffò “ Sei una pessima bugiarda, Serah Farron.”

“ Io non ti conosco.” Dissi mettendomi sulla difensiva, e rise di nuovo.

“ Sei tu che hai detto di avermi visto nei tuoi sogni, o sbaglio?”

Mog gemette, toccandosi il cristallo pendente per calmarsi. Lo ninnai rigida, accorgendomi quanta verità ci fosse nelle parole di Noel. Non potevo negare di essere guardinga – quando sei una ragazza la vita lo impone- e lui si muoveva impacciato come una marionetta a cui avevano tagliato i fili. Coglieva nei miei gesti le frasi inespresse, le paure. A modo suo, forse grezzo, stava cercando di rincuorarmi, costringermi a non avere timore di lui.

Nei punti dove mi aveva toccato i segni invisibili del suo tocco pulsavano come una ferita sanguinante.

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Le rovine di Bresha.

Questa era Cocoon, e Noel giura di non aver mai visto niente del genere. Sembrava un bambino eccitato, saltando qua e in là osserva ogni singola pietra, le iscrizioni cancellate dal tempo e dall’incuria.

Il cielo perforava gli occhi per quanto era luminoso, donava splendore a un menir dei tempi passati, addirittura migliori di quell’ecatombe decadente. Eppure ho sempre trovato un fascino intrinseco a questi pilastri di civiltà. Mi godevo la pace, anche se possedeva il sapore muffito di un vecchio scantinato, e Mog non era meno estasiato.

“ Cocoon aveva molte rovine simili a questa.” Dissi, divertita dal loro stupore.

“ Già, ma io non ho mai visitato Cocoon.” Rispose Noel.

Spesso dimenticavo il doppio scopo del viaggio e del perché Noel era qui. Rimasi sorpresa nel constatare che provenisse dal futuro, unico umano sopravvissuto ad una strage. Molti tasselli del puzzle erano andati a posto, e cominciai a fidarmi di lui. Lottava per il mio stesso obbiettivo, e io nelle nostre differenze trovai una somiglianza sconcertante, al punto da raccontare spezzoni della mia storia.

Schermai gli occhi dal sole, e ammirai la sagoma dell’edificio principale svettare possente dal terreno: gli archi in pietra convergevano al basso, incrostati da terriccio, soffocanti dall’edera che si arrampicava anche sui muri.

“ Che bel posto, kupò!”

Annuii, e a quel punto Noel mi finì addosso. Mi sbilanciai solo di poco nonostante il peso del mio compagno e allora i nostri occhi si incrociarono. Lessi l’imbarazzo nei suoi. Nei miei lui lesse confusione, rapidamente sostituita da apprensione.

“ Ti sei fatto male?” domandai chinandomi verso di lui. Schizzò in piedi, parlando a sequenza rapida per spiegare che era scivolato dal loggione su cui stava camminando, imprecando su quanto fossero cedevoli le strutture.

Scrollai tranquilla le spalle “ Si chiamano rovine apposta.”

“ Grazie, miss maestra di storia, ci sono arrivato anch’io.” Incrociò le braccia, precedendoci ad un portale intarsiato.

Mog si appoggiò sulla mia testa, seguendo Noel con occhietti socchiusi. “ L’ha fatto apposta!”

Portai un dito alle labbra, mettendolo in trepidante attesa. Sbottai gaia “ Oh, Mog, non essere sciocco!”

“È vero, kupò!”

“ Dubito che abbia messo su questa scenetta. Ha rischiato di rompersi l’osso del collo, e nemmeno Noel arriverebbe a tanto.”

“ Lo conosci da qualche settimana!”

“ Anche tu.” Gli ricordai severa. Frullò due volte le ali pipistrellesche, brandendo lo scettro con aria imbronciata.

“ Lo rifarà di sicuro, kupò.”

“ Vedremo.”

Accostatami a Noel, notai che la sua attenzione era rivolta ad un chiostro interrato, e mi sporsi dalla balaustra.

Soffocai un urlo di antico corso, ai tempi dei L’Cie, all’inizio dell’avventura che si trasformò in follia. Il terrore cieco del rivedere quelle divise militari.

“ PSICOM!” atterrita, mi appoggiai al muro dirimpetto. Noel si risvegliò da una sorta di trance e mi sorresse.

“ Noel,no, non ne ho bisogno.” Lo scostai “ Ero sorpresa, tutto qui.”

“ Quegli uomini ti fanno così paura?”

Per un terribile attimo pensai volesse schernirmi, invece il barlume preoccupato nel suo tono era vivido, genuino. Gliene fui grata.

“ Una vecchia storia.” Non proprio vecchia “ Te la racconterò più tardi.”

Snow, Snow. Dove sei?

Toccai inconsciamente la zona del marchio, aspettandomi di trovarmelo lì, e avvolsi il braccio in modo da tenermelo vicino al petto. Noel seguì ogni movimento con disagio.

Tempo dopo mi disse che delle volte non sapeva in che maniera approcciarsi, e che fremeva di rabbia al solo pensiero di cosa avevano fatto i Fal’cie alla mia gente. Più tardi rivelò che impazziva a pensare cosa avevano fatto a me.

Tacque, e la riservatezza dimostrata accese una traccia di contegno alla quale abbandonai i soprusi ancestrali di dei meschini, perché io e lui capivamo esattamente dove iniziava un incubo e finiva un sogno, quanto gli uomini erano fragili, simili a piume al vento. Trasportati dalla corrente, incapaci di modificare le traiettorie odiate.

Si allungava scuro su di noi, sagomato a dita di una mano. E fu tangibile, finché le urla terrorizzate di soldati e civili raggiunse il nostro udito.

Sollevai il capo, un’ombra – un braccio, santo cielo- calava su di noi, distruggendo ciò che si reggeva a stento in piedi. Ansimai, le gambe contratte, bloccate dalla forza di gravità che pareva schiacciarmi più dello spavento.

“ Che cos’è?” urlai.

Un pugno di dura roccia deciso a schiacciarci.

Noel reagì d’istinto “ Attenta!”

Il suo corpo sul mio, sbattendo con violenza sul lastricato. Avvertii il peso, i muscoli guizzanti sulle mie gambe, i capelli castani solleticarmi la clavicola e l’ansito adrenalinico sulla porzione scoperta della mia pelle. Fu un attimo, come se avessero messo in stop e mandato la scena al rallentatore, mi accorsi di futili particolari raggruppati per ordine sensoriale, così veloce che dubitai di aver provato Noel premuto stretto contro di me.

La bolla scoppiò, e io sgranai gli occhi confusa e grata. Si tolse subito, pronto alla battaglia con l’arma in pugno, baluginante sotto il calore solare. Staccando a malapena l’attenzione dal gigante –Atlas- mi chiese se c’era qualcosa di rotto.

“ Nulla, grazie a te.”

Si irrigidì, trattenendo per un attimo il fiato. Ruotò la lama, apparentemente concentrato “ Cerca di fare attenzione, Serah.” E cominciò a correre, acquattato simile ad un gatto in assetto da caccia. Mog si trasformò in un arco, non prima di aver borbottato:

“ Te l’avevo detto che l’avrebbe rifatto, kupò!”

Finsi di non sentirlo e incoccai la freccia.

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“ Era il tuo ragazzo?”

“ Come?”

“ Snow.”

Per poco non bruciai le verdure che avevo messo a bollire in una zuppa. Rimestai in silenzio, chiedendomi che risposta dargli, e Mog strillò.

“ Serah! La zuppa!”

L’effluvio di bruciato mi stordì, e sventolai una mano per allontanare la puzza. Noel piantò una mezza maledizione e tolse la gamella dal fuoco, scottandosi le dita.

“ Che Etro incenerisca questa dannate verdure! Serah!” morsi il labbro inferiore, vergognandomi della misera figura che avevo fatto. Perlomeno non avessi preteso di fare tutto io per i pasti, dicendo che me la cavavo, difficilmente avrei riguadagnato la fiducia in quel senso.

Mi grattai la testa, sorridendo imbarazzata “ Scusate, di solito non faccio bruciare la roba.”

“ Di solito?” fece Noel sarcastico. Sputò sulla scottatura, donandosi un temporaneo sollievo e sia io che Mog storcemmo schifati il naso.

“ Guarda che non guarirà prima se fai così.” Lo avvertii, piegando la testa di lato per valutare i danni, ma lui nascose testardamente la mano in grembo.

“ Oh, Noel.”

“ Sei come un bambino, kupò!”

Digrignò i denti “ Fatti i fatti tuoi.”

In ginocchio, strisciai fino a lui, afferrando saldamente il polso. Me lo permise, seppur irritato dallo scherno di Mog, e un’occhiata clinica confermò che non era niente di grave. Raccolsi le forze e indirizzai la tenue luce verde fino alla scottatura, risanandola completamente.

Nell’operazione mi accorsi di essermi avvicinata indecentemente a Noel: i suoi capelli sfioravano i riccioli rosa, e alla luce del fuoco brillavano chiari, fino a ridurli in un biondo familiare. Lui era arrossito, o forse era l’ennesimo effetto visivo, e guardò altrove. “ Grazie.”

Stetti in silenzio, mangiando a piccoli bocconi i resti spappolati di un peperone selvatico sopravvissuto all’eccidio, e si prolungò oltre, scandito dal tintinnio dei cucchiai nelle ciotole e dai versi chiurlanti di un assiolo nella foresta. Ci circondava, manto oscuro disturbato dal fuocherello nella radura erbosa.

Il moguri sbocconcellava un torsolo di mela, fissando le stelle. Stufo dell’assurda staticità della scena, Noel tossì.

“ Uhm, allora… Serah.” Iniziò “ Chi è Snow?”

La sua spada giaceva nell’erba. L’odore di battaglia la chiamava, e sentii la domanda curiosa come un affondo diritto al cuore. Doloroso, eppure familiare.

Grazie alla compagnia di quei due mi ero scordata delle preoccupazioni, ma far fronte ai problemi in quel contesto così pacifico mi ridiede sicurezza.

“ Esattamente chi hai detto tu. Il mio ragazzo.” Risposi sforzandomi di stare calma. Sperai che si accontentasse – come faceva a sapere il nome di Snow?- e mi sbagliavo.

“ Oh, deve starti molto a cuore.” Si schiarì la gola, tamburellando le dita sul ginocchio.

Sospirai. In che razza di impiccio si era messo? Lo imbarazzava?

“ Lo amo.” Affermai risoluta “ Snow farebbe qualsiasi cosa per me, è un ragazzo speciale. Buono, altruista, spaccone – non è una qualità, nessuno è perfetto- e un po’ pazzo.” Sorrisi “ Sai, un po’ me lo ricordi.”

Un pezzetto di patata gli andò di traverso. Batté una mano sul petto, tossendo spasmodicamente fino a mandarlo giù. Riprese fiato.

Lo indicai “ Ehm, tutto a posto?”

“ Che diavolo!” tuonò un po’ stridulo, rifiatando “ Non puoi dirmi una cosa del genere!”

“ E perché no?” domandai offesa. Come poteva rifiutare di essere definito per com’era? Ipotizzavo addirittura di farlo contento, ma continuando il discorso le sue parole congelarono la mia rabbia.

“ Non voglio che mi paragoni ad una persona che ti fa soffrire in quel modo.”

Immobile, le mani intrecciate strette, non osavo neppure respirare. Somigliavo ad una matrona in attesa di notizie, il mare in burrasca dei miei sentimenti si agitava percuotendomi il petto. Attendevo tessendo storie e scuse per sviare il discorso, ma ora che Noel me lo presentava nudo e crudo, tirarsi indietro era una pessima idea.

“ Non penso che lui ti meriti.” O finse di non vedere o era proprio cieco “ Dov’era quando la tua città è stata attaccata e rischiavi di morire? Dov’era quando…?”

“ Basta!” urlai. Si interruppe sconcertato e afferrai la gamella vuota con furia cominciando a pulirla e sfregare i resti della cena.

“ Non voglio parlarne, Noel” spiegai, dato che mi fissava sollecito. Mog abbassò le ali, rigirandosi un seme con finto interesse.

Concentrata com’ero a quietare l’assordante rombo della tempesta interna, non mi accorsi che Noel mi aveva letteralmente strappato la gamella dalle mani. La buttò poco più in là e rotolò pateticamente spargendo filetti di bruciato.

“ Ora possiamo.” Sibilò scuro. Lo ricambiai con un’occhiata che degenerava nel gelido odio e Mog fece saettare gli occhietti da me e Noel, sentendosi pesantemente l’incomodo di turno.

Fischiettò, volicchiando verso la gamella, felice di avere un pretesto per allontanarsi dal centro dello scontro.

“ Comportandoti come un bambino non risolverai i miei problemi.” Dissi dopo che Mog si fu levato dai piedi.

“ Almeno ti deciderai a parlare di ciò che ti turba. Credi che non ti senta piangere la notte?”

“ Non sono affari tuoi.”

Mi ritrovai il suo viso vicino al mio, una distanza che avevo condiviso con Snow nell’intimità della nostra stanza, e misi le mani sul petto di Noel per spingerlo via. Mi bloccò le braccia, costringendomi a guardarlo. Rabbia, preoccupazione, tristezza.

E una scintilla che più tardi annoverai decentemente e che, vicina a lui, congetturai di esasperazione.

“Sono affari miei.” Sussurrò. Resse a stento alla potenza delle emozioni e abbassò per una frazione di secondo la testa. “ Serah. Quando abbiamo cominciato questa avventura ti chiesi di fidarti di me. Lo hai fatto, l’hai sempre fatto, e ora voglio che tu faccia questo sforzo. Se si può dire tale.”

“ Non posso.” Mormorai.

“ Puoi.” Mi contraddisse dolce, eppure fermo “ Ho accettato di aiutarti… e dentro di me ho accettato anche di proteggerti. Non ho potuto salvare nessuno a mio tempo, ora non voglio che tu…” si interruppe bruscamente, tuttavia non diede cenno di allontanarsi, e stemmo quasi abbracciati al centro della radura. Due cuori nel buio, o tre, ma in quel momento Mog fingeva di indaffararsi in maniera tale che mi sfuggì una risata sfiatata.

“ Che c’è?” chiese Noel perplesso “ Mi trovi ridicolo?”

Scossi immediatamente la testa, sfiorando la V della maglia coi capelli. “ Non riderei mai di te.”

Abbandonai il capo sulla sua spalla, e poi circondai la vita con le braccia. Per la prima volta, un contatto fisico non gli diede fastidio, e ricambiò la stretta con una punta d’esitazione. Era caldo, uno sfiorarsi di anime che non condividevo con nessuno da tre anni a quella parte e la tenerezza mi invase fino a che non parlai.

“ Lo conobbi in estate, dopo aver finito l’ultimo anno di liceo…”

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“ Conoscevi quell’uomo?”

“ Caius.” Fece una pausa “ Sì, lo conoscevo.”

“ Perché ci ha definiti dei traditori? C’è qualcosa che non mi hai detto?”

“ Per quanto possa ricordare, tutto.”

“ Hm?”

“ Viaggiando nel tempo ho perso gran parte della mia memoria.”

Fu una spiegazione che non ammetteva repliche, ne ulteriori risposte. Respirò a fondo.

“ In ogni caso non ho dimenticato la mia missione, ne la mia parte.”

Il suo senso del dovere mi diede coraggio, e annuii “ Bene. Ce la faremo.”

“ Serah.”

“ Dimmi.”

“ Nel caso io, sì, bhè, perdessi di vista l’obbiettivo…”

“ … me lo ricorderesti?” completai strizzando l’occhio “ Certo. Trovare Lightning!”

“ No.”

“ No?” di riamando, sorpresa.

Accennò una negazione, e timidamente corresse “ Proteggere te, a qualunque costo.”

Non risposi, non parlai per un tempo che parve infinito.

E ancora adesso mi chiedo se la pazzia avesse offuscato del tutto la ragione.

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Quelle cascate erano una meraviglia naturale, così come l’incredibile quantità di piante e vegetali che crescevano nell’aria fitta e umida dei laghi sottostanti.

Portai un dito a stuzzicare il pelo dell’acqua, divertendomi a creare piccole creste trasparenti. Mog stava poco distante a raccogliere fiori da una variopinta macchia sotto le chiome lussureggianti. Massaggiai piano le orecchie, quel rombo d’acqua su acqua era davvero assordante, e non mi accorsi del fiore.

Quel fiore, ed è ancora qui, profumato come una mattina di primavera.

“ Pensavo che ti avrebbe fatto piacere.” Sussultai, ritrovandomi un delicato azzurro celato da altri petali sottili color delle more fra i capelli.

Noel valutò il risultato e mugugnò soddisfatto “ Ti dona.”

Lo sfiorai “ Grazie.” Dissi più sorpresa dalla sua gentilezza che per sincera civetteria. Portò le mani ai fianchi, gettando una veloce occhiata al moguri canticchiante.

“ Vorrei parlarti.”

“ Sono qui.” Proferii col tono più ovvio del mondo, giusto per scocciarlo. E infatti sbuffò.

“ Ooook, ma io intendevo in privato, senza orecchie pelose a portata.”

Cosa avrebbe voluto dirmi per meritare tanta segretezza? Senza sapere il perché, il suo comportamento mi mise all’erta, non avevo alcuna voglia di ascoltarlo, e in ogni caso pregai di essermi sbagliata.

E di cosa?

Lanciai anch’io un’occhiata di sbieco al mio Mog “ E’ così importante?” domandai tornando a lui.

“ Sì, lo è.” Mi aiutò ad alzarmi e mi condusse con se verso un punto appartato delle cascate.

“ Dove andate, kupò?”

“ Vatti a fare un giro.”

E, furioso, ci lasciò soli.

“ Vorrei che tu arrivassi al punto.”

La caverna era fredda, satura d’acqua che gocciolava sulle stalattiti fino a infrangersi nelle pozze del terreno. Seduti su un masso squadrato, guardavamo le gocce rincorrersi giù dalla parete di ardesia.

Sospirò “ Non è così facile.”

Plic!

Giocherellò col medaglione appeso al collo, mordendosi le labbra “ Non pensi che il nostro rapporto possa essere definito diversamente da amicizia?”

“ Spero non romantico.”

E il primo tentativo di capire si rivelò fruttuoso. Troppo, perché le risposte alle mia domande le lessi nell’unica, sgomenta, espressione che Noel sfoggiò al mio responso netto.

“ E perché no?”

“ Perché non sei innamorato di me.”

Si alzò in piedi, mettendosi proprio davanti a me. La sua decisione rasentava ferocia, e istintivamente cercai di tirarmi indietro. Nell’operazione il fiore sfuggì dall’elastico atterrando nell’acqua limpida.

I petali si impregnarono, marcirono, e abbandonandosi alla tomba acquatica, lasciarono il cadavere della bellezza affondare patetico nel freddo di morte.

Mi dispiacque, e Noel mi afferrò per la vita, attraendomi a lui. Assaporai di nuovo il suo calore, febbrile e inteso mentre giurava di amarmi, che mi aveva amato dal primo istante e voleva tenermi sempre con se, proteggermi dal male. Promesse vane, che in un futuro mi avrebbe ripetuto nell’eco lontana dei sogni, e non mi mossi, ne per aiutarlo, ne per umiliarlo.

“ Perché non può essere così?” bisbigliò dopo avermi baciato il lobo dell’orecchio. Tirai un sospiro traballante.

“ Siamo diversi, Noel.”

“ Anche Snow era diverso!” ringhiò marcando anaffettivamente il nome. Sbarrai gli occhi, il peso del ciondolo pareva spezzarmi il collo, brillava di luce che solo io vedevo, e un’ondata di nausea mi bloccò il diaframma.

“ Lasciami..”

Plic!

“ Lasciami, Noel!”

“ No, finché non ammetterai che anche tu mi ami.”

“ Infatti non ti amo!” mi divincolai. Quello sconosciuto non era Noel. Ebbi paura, quella che mi impediva di chiudere gli occhi e lasciar fuori tutto il resto, paura di quello che potevo fare.

Perché questa, questa manifestazione era…

“ Bugiarda.” Toccò il collo con le labbra, e sottilmente la linea dei denti passò piano, senza mordermi. Ansimai, tentando di scrollarmi quella beatitudine di dosso.

Quello era il ragazzo di cui mi ero innamorata.

Lo sapevo, in cuor mio, come avevo sempre saputo che per lui stavo diventando l’aria che respirava. La sua luce, colei che lo salvava dal baratro della colpa.

E Snow, lontano, distante, sbiadiva fino a cancellarsi dalla mia storia. E dopo ciò che aveva fatto e continua a fare per me, gli artigli affondavano fino a straziarmi. Noel era sbagliato, giusto, Snow lo amavo, o mi illudevo di amarlo.

“ Per favore.” Gemetti.

“ Per favore cosa?”

“ Smettila.”

Questo non se lo aspettava. Non importa.

Mi baciò, e lo trovai gentile e delicato, anche mentre spingeva la lingua nella mia bocca. Imperioso come sempre, mi accorsi comunque che non aveva mai baciato nessuna: si muoveva goffo, esaltato dal mio sapore e dall’audacia dimostrata, da quel fuoco che bruciava l’ultimo baluardo d’autocontrollo.

Il sangue mi affluì alla testa, ronzando fastidioso in quel marasma di emozioni contrastanti. Poggiò le mani sulla schiena, e più in basso. Mi sollevò senza cerimonie, ogni muscolo era in tensione e pervaso da una strisciante eccitazione, e la luce mi ferì le cornee.

L’erba mi accolse – mi aveva riportato fuori?- e si stese sopra di me, continuando a baciarmi. Io ero ferma, indecisa se rispondere o meno. Quanto tempo era passato da una simile scena? Quanto volevo Noel e quanto non lo volevo?

Amavo davvero quel ragazzo venuto dal nulla? Mi ricordava Snow tanto da farmi male, ma lui era diverso, la diversità che sfociò in quella larva d’amore corrisposto a metà, divisa dalla mia incertezza.

“ S-Serah…”

“ Noel.”

Ci guardammo.

“ Io…”

Non glielo dissi mai, non feci in tempo ad esprimere i miei dubbi, i miei sentimenti.

Il ruggito del mostro ci costrinse a scattare.

E dopo la sequenza girò veloce e indistinta.

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“ Snow!”

No,no…

Il mostro giaceva inerme, sovrastato da lui.

Com’era possibile?

No,no…

“ Serah!”

Te l’avevo detto che sarei tornato.

Noel…

“ Cos’è? Pensi di essere un eroe? L’hai lasciata sola!”

Noel, ti prego, non aggredirlo. Ti prego.

Abbracciai Snow, nascondendomi da Noel. Ormai nulla aveva importanza.

Ero meschina.

Mi illudevo di amarlo…

“ Aspetta. Stai viaggiando con Serah?”

Mi illudevo di amare Snow.

“ Sì, stiamo cercano Lightning, e a differenza tua sto vicino a Serah molto più di quanto abbia fatto tu!”

Mi illudevo di non essere superficiale…

“ L’ho fatto per lei! Per lei!”

Ma lo hai fatto anche per te stesso.

Dovevi, dovevi, sentirti un eroe anche dopo che tutto era giunto al termine.

Gli eroi non si fermano alla parola “fine”.

Ma…

“ Certo, ma lo hai fatto anche per te stesso.”

Noel.

Cristallo… ecco perché pensavo di….

Durante la mia stasi c’eri, non era un sogno…

Era venuto per me, e io l’avevo accolto col proposito di non innamorarmi del mio salvatore.

“ Serah!”

Ma l’ho fatto.

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Mi svegliai, distesa sul materasso con una camicia non mia.

La nebbia, quella volta, non c’era. Solo la luce del sole sulle gambe, oltre la porta. Un altro sogno destinato a essere dimenticato.

Eppure continuo a credere che sia stato tutto reale.

L’ombra oltre la porta mi riscosse, e sulle mie labbra si allargò un sorriso triste.

“ Ciao, Snow.”

“ Serah?”

“ Mi dispiace, Noel”

Tu non sei mai esistito.


Della serie: che cosa ti fumi la mattina. -_-

Volevo provare a fare qualcosa su ffXIII e non è nemmeno venuta come volevo.

Ok, come avrete capito è ambientato in FFXIII-2 e ammetto di non aver mai calcolato Serah fino alla notizia di questo sequel. Mi sono letteralmente innamorata di Noel e, a essere sinceri, preferisco lui con Serah, ma non sia mai che lei lo tradisca così su due piedi,no?

Naturalmente è What if? Forte, quando giocherò mi impegnerò di più, ma era da mesi che sognavo di descrivere una Noel x Serah, Snow x Serah, spero che nonostante tutto vi piaccia.

Anche se è stato solo un sogno…

Ok, quando ci saranno altri racconti su FFXIII-2 la sposterò nella sezione adatta. Per il momento la metto qui, dato che fa parte del troncone del XIII e mi pare ridicolo metterla nella sezione “Altri”. Bho, non penso di dar fastidio a nessuno.

Ciao, un bacio!